330 GT Registry |
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Un'Assoluta Novità Tecnica e Stilistica
Una 12 cilindri con cambio meccanico a quattro rapporti overdrive Laycock, con disinnesto automatico in coincidenza dell’abbandono della quarta marcia. Un ‘auto con caratteristiche tecniche nuove per l'epoca, il 1964, dotata di un appeal immediato.
Quattro posti, quattro litri, quattro fari. Se le prime due caratteristiche sono comuni ad altre espressioni della produzione Ferrari, la terza è praticamente un’esclusiva della 330 GT 2+2 del 1964, un’auto nata dall’esperienza della 400 Superamerica e caricata dall’enorme responsabilità di non far rimpiangere la 250 GT 2+2, un modello assai longevo e dalla carriera brillante. La nuova coupé a quattro posti è presentata ufficialmente durante la tradizionale conferenza stampa di inizio anno, l’i 1 gennaio 1964, a Maranello, ed entra immediatamente in produzione. Il suo battesimo a livello internazionale avviene pochi giorni dopo, in Belgio, al Salone di Bruxelles. Si tratta di una novità assoluta, in chiave stilistica e tecnica: il motore, siglato 209, ha le stesse misure di alesaggio e corsa (77x71 mm) e la medesima cilindrata totale (3967,4 cm³) della 400 Superamerica, ma è notevolmente migliorato. L’allungamento del blocco cilindri, con conseguente incremento della distanza tra gli assi dei cilindri medesimi da 90 a 94 mm, ha comportato una maggior efficacia del sistema di raffreddamento, grazie al miglioramento della circolazione d’acqua nel blocco. medita anche la posizione delle candele nelle testate, come del resto la pompa dell’acqua, trainata da una cinghia. Nuovi, inoltre, sono il carter anteriore e l’alternatore da 40 A al posto della dinamo. Il 12 cilindri di Maranello è abbinato un cambio meccanico a 4 rapporti con overdrive Laycock, caratterizzato dal disinnesto automatico in coincidenza con l’abbandono della quarta marcia. La potenza massima dichiarata dal Costruttore è di 300 cv a 6600 giri/min, anche se alcune fonti riportano un valore ben più elevato — 340 cv — ma non meno credibile. Quattro i punti di fissaggio al telaio, dalla tradizionale architettura a tubi di sezione ovale saldati elettricamente e significativamente allungato nell’interasse, che misura 265 cm, vale a dire 50 mm in più rispetto alla 250 GT 2+2 e alla 400 Superamerica, a tutto beneficio dell’abitabilità posteriore (lo spazio a disposizione delle gambe di chi siede dietro subisce un incremento di quasi 10cm). Gli ammortizzatori sono regolabili, della tedesca Koni; mentre l’impianto frenante a doppio circuito si avvale di dischi Dunlop protetti, per una superiore efficienza sotto la pioggia. Stilisticamente, la 330 GT 2+2 del 1964 ha alcuni aspetti originali, ma non può certo essere definita una delle più armoniche creazioni di Pininfarina, che per l’erede della 250 GT 2+2 abbina alla coda tondeggiante, ma ugualmente massiccia per il suo notevole sviluppo in altezza, un frontale un po’ troppo elaborato, con i quattro fari circolari inseriti a coppie in elementi ellissoidali all’estremità dei parafanghi anteriori, secondo un motivo sperimentato sulla Superfast 4.
QUATTRO FARI DA RICORDARE
La prima edizione della 330 GT 2+2, nata nel 1964 quale erede della 250 GT 2+2, e caratterizzata dai gruppi offici anteriori
circolari e doppi. E’ una particolarità estetica poco comune alle realizzino di Pininfarina alla casa di Maranello.
Tradizionale e Personalizzabile
Tra le migliorie apportate al posto guida, spiccano gli schermi antiriflesso per gli strumenti principali (tachimetro e contagiri), tesi al miglioramento della leggibilità in condizioni particolari di luce. Verso la metà del 1965 la 330 GT 2+2 subisce profonde modifiche che ne alterano significativamente lo stile e la meccanica. La più evidente riguarda la soppressione del muso a quattro fari a favore di un più tradizionale frontale a due fari circolari non carenati, che caratterizzerà in seguito anche le 330 e 365 GTS. Le inedite bocchette di esplusione dell’aria calda del motore rimpiazzano le feritoie della prima serie, mentre sulle lame dei paraurti spuntano due rostri gommati. La coupé di Maranello assume così un aspetto più coerente.
Al cliente è lasciata poi facoltà di scegliere tra le ruote di lega leggera (simili nel disegno a quelle della 275 GTB) o quelle a raggi Borrani, optional al pari del servosterzo e dell’impianto di condizionamento dell’aria. Il cambio abbandona l’overdrive per passare alla soluzione a 5 rapporti, con le marce inferiori sensibilmente allungate e un rapporto al ponte analogo (8/34) che consente la stessa velocità di punta (245 km/h). Significativo anche il passaggio da quattro a due soli attacchi del motore, soluzione che riduce le vibrazioni e migliora il confort, e che viene affiancata da un nuovo disegno del blocco motore, tale da permettere un differente attacco della pedaliera, posta superiormente con benefici nell’ impiego quotidiano.
CODA MASSICCIA E POCO PERSONALE
Anche se l'inquadratura di 3/4 posteriore non tradisce la distonia tra il frontale spigoloso e la coda arrotondata,
la prima generazione della 330 GT 2+2 sembra peccare originalità stilistica, specie nella zona posteriore.
IL POSTO GUIDA... | ...E I POSTI DIETRO |
Un Motore da Fuoriserie
La 330 GT 2+2 esce di scena a fine 1967 dopo una produzione di circa 1000 esemplari, quando al Salone di Parigi è rimpiazzata dalla 365 GT 2+2 con motore di 4,4 litri di cilindrata. Sul telaio della 330 GT 2+2 vengono allestite tre fuoriserie per Luigi Chinetti, l’importatore nordamericano della Ferrari, che commissiona a Michelotti una coupé e una cabriolet (quasi “targa” e dalla sconcertante verniciatura bicolore) e a Vignale un’originale e poco elegante giardinetta (o coupé de chasse, essendo un’auto sportiva a tre porte), con linee rese sovraccariche nella zona del montante centrale dalla presenza di una sorta di rolI-bar nettamente separato dal padiglione.
| IL MOTORE Il 12 cilindri a V di 60° che pulsa sotto il cofano della 330 GT 2+2 è accreditato di 300 cv a 6600 giri/min, una potenza adeguata alla cilindrata di 4 litri. |
LA SECONDA SERIE
Già nel corso del 1965 , la 330 GT 2+2 subisce un profondo restyling, reso ancor più evidente dalla sostituzione dei discussi quattro fari circolari (mutuati dal prototipo Superfast 4 di Pininfarina) con la più tradizionale soluzione dei due proiettori tondi, perfettamente raccordati alle curve dei parafanghi anteriori. Altri indizi rivelatori della nuova generazione della 4 litri di Maranello sono i rostri ai paraurti e le ampi uscite dell'aria calda sulle fiancate a rimpiazzare le undici feritoie della prima serie.
SCHEDA TECNICA | |
Motore: | anteriore longitudinale 12 cilindri a V di 60° alesaggio per corta 77x71 mm cilindrata 3967,44 cm³ compressione 8,8:1 |
Distribuzione: | un albero in testa, 2 valvole |
Alimentazione: | 3 carburatori Weber 40 DCZ/6 |
Potenza: | 300 cv 6000 giri/min (secondo alcune fonti 340 cv a 7000 giri/min) |
Corpo Vettura: | carrozzeria d'acciaio, coupé 2 porte, 2+2 posti monoblocco in tubi d’acciaio di sezione ellittica |
Sospensioni: | posteriori; cambio 4 marce p overdrive + RM |
Sterzo: | a vite senza fine |
Freni: | a disco con servofreno |
Ruote: | 6,5 x 15" |
Serbatoio: | 90 litri |
Passo: | 2,65 m |
Carreggiate: | anteriore 1,405 m; posteriore 1,397 m |
Peso: | 1380kg |
Velocità massima: | 240-245 km/h |
Periodo di produzione: | 1964-1967 |
Esemplari prodotti: | 1000 |
© 2004 RCS Libri S.p.A., Milano